“Gente di cuore in questa bottega di pixel” di Alberto Rosa

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Dunque, Volley People!

Miky Orione ha imparato a sognare e non si ferma più. Non riesce proprio a non farlo. E ci prova, eh. Non credete il contrario. Lui prova a stare lontano dai campi dove si gioca la pallavolo in Italia. Il giorno della partita, Miky si mette in macchina e prende la direzione contraria ai palazzetti. Però poi il Destino, e qualche rotatoria, ci mettono lo zampino.

Così Orione, novello Ulisse dell’Oltrepo Pavese, viene rapito da una forza volley-centrica, che lo attira a sé. Inesorabilmente. Senza sosta o time out discrezionale. Il Nostro lotta con tutte le sue forze, forgiate da più di quaranta anni di cucina casalinga, comandata dalla nonna (che continuerà a cucinare anche dalle cambuse celesti).

E così Miky si trova al bordo del campo a Busto, Novara, Modena, Conegliano o Foppapedretti, che nell’immaginario geografico pallavolostico europeo, ha sostituito il nome di Bergamo.  E sarà così anche nell’era post Foppa.

Quando la pallavolo ti tocca il cuore, tu sei fregato. Ti trovi a seguire la tua squadra ovunque in Italia. Su e giù. Poi magari la squadra vince dentro i confini nazionali ed ottiene il biglietto per qualche competizione internazionale. E tu che fai? Prendi un biglietto e ti ritrovi in Polonia, Azerbajian, Turchia. Se il biglietto è a lungo raggio arrivi addirittura ai confini più estremi della Siberia. O in Cina. Giappone. Perché no, Brasile. Da lì agli Stati Uniti è un attimo e ti aggiri via Internet nei campus sportivi dei college NCAA, per anticipare la scoperta del prossimo talento sportivo. Del resto l’America si scopre, per definizione. Un uovo di Colombo.

Orione si oppone a questa passionaccia, ma alla fine si arrende. Presto, va detto.

Gente di cuore, quella che assomiglia al padrone di questa bottega di pixel, chiamata blog. Gente che inizia a girare l’Italia seguendo una squadra e si ritrova ad amare il gioco, anche quando la squadra del cuore non gioca più. Per sventura o per chiusura. E allora incontri altra gente di cuore come te. Quella che si emoziona durante il riscaldamento, quella che “quella ragazzina la conoscevo fin dalle giovanili e adesso eccola in azzurro. Lo dicevo io”. Quella che “quel tecnico è buono, ma non lo ascoltano”. “Quello invece vince, ma ride solo quando vuole lui.” E quella giocatrice la conosci? “Sì, un angelo.” “No, per nulla.”

La gente di cuore non molla mai. Anche quando non va più al palazzetto, la trovi attaccata alla radio che racconta la partita, o la vedi immaginare gli scambi tra gli aggiornamenti del televideo o del sito della Lega Volley. La televisione via streaming? Boh, non mi sembra che sia stata capita fino in fondo.
E quando danno il volley alla televisione (quella vera), la gente della pallavolo si riunisce. Mangia, impreca. Esulta. Tutta la famiglia insieme. Una famiglia che si allarga, in preda al contagio che nasce nel tam tam dei tamburi lassù, che ti prende la mani anche se sei in tribuna vip o in sala stampa. A volte il rimbombo è così forte che trema anche il computer su cui scrivi.

Avete notato? Si può parlare di pallavolo senza nominare mai il gioco, come se la partita fosse una scusa per qualcos’altro. Eccola qui la forza di quella palla che vola da una metà campo all’altra. Guardatele le giocatrici mentre attendono il pallone. Fissatele negli occhi. Ci vedrete la forza di un uragano, la grazia di una libellula (per non far torto a nessuna mascotte). Ci vedrete passione, grinta, determinazione.
Ci vedrete uno sport di squadra che si esalta sulle intuizioni a fil di rete delle singole. In un campo di pallavolo nessuna delle giocatrici avversarie si tocca mai.

Eppure sfido chiunque a dire che nella pallavolo non ci sia contatto fisico. Nella pallavolo il contatto fisico è ovunque, e la gente del volley questo lo sa.

Dunque, Volley People, con il cuore sempre!

Alberto Rosa

[Alberto Rosa, uomo, scrittore, blogger, runner…  collaboratore de La Tribuna di Treviso e  de La Gazzetta dello Sport. E’ lui l’inviato da Treviso che nel 2016 racconta,  con il suo unico ed  elegante stile  appassionato, il primo scudetto delle pantere venete. A lui, alla sua penna e alla sua amicizia ho voluto affidare il primo editoriale di questa bottega di pixel. Certo che mi avrebbe commosso, ma non avrei mai potuto immaginare quanto.]


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