Ieri sera, al Pala Dozza di Bologna, dopo il triplice fischio del direttore di gara che sanciva la conquista della Coppa Italia da parte dell’Igor Novara, mi sono ritrovato a bordo campo, a pochi centimetri dalla panchina dell’Imoco Conegliano.
Sono rimasto fermo, immobile, ad osservare l’altro volto dello sport, quello della delusione per la sconfitta subita, dello sconforto per non aver raggiunto il traguardo, per aver fallito l’obbiettivo.
Stanchezza fisica e mentale. Un grande vuoto in un mix di rabbia e apatia. Sensazioni repentine, che attanagliano i muscoli, soffacano il respiro, rendono le gambe pesanti come macigni e gli occhi gonfi di lacrime.
Fissavo Daniele (Santarelli, ndr), uno dei coach che piu stimo per umanità, professionalità e grinta, quasi pietrificato, come se quel triplice fischio finale l’ avesse imprigionato in un incantesimo.
Delusione, sconforto, incredulità, rabbia, lacrime. In un solo sostativo: sconfitta.
Lo sport però insegna a conservare il meglio di ogni momento, anche di quelli più cupi, e a trarvi insegnamento.
E così ecco arrivare, a ridare azione alla scena, a scaldare i cuori, la stretta di mano del Presidente Garbellotto a mister Santarelli.
Un sorriso appena accennato a far da sfondo ad un gesto che meritava di essere fotografato, condiviso, raccontato.
L’ho fatto con un rudimentale cellulare, improvvisandomi, lungi da me esserlo, fotografo.
Mentre scattavo ho pensato per un istante agli sfottò dei miei tanti amici professionisti che, da anni, e con estrema bravura stanno ore accovacciati per catturare momenti, gesti, sguardi emozioni.
Ho reputato, però, che per quanto tecnicamente imperfetta e di bassa qualità fotografica sia questa immagine, fosse da pubblicare e condividere perché racchiude tutto il senso e l’umanità di ciò che amo, la mia concezione di sport, la mia pallavolo.
Un istante di volley, una istantanea di vita.