Il saluto del gigante buono.

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Riassumere, in una manciata di righe, ventisette anni di una carriera, come la sua, è impossibile.

Chi ci ha provato, ricorrendo alle statistiche, ha snocciolato numeri impressionanti:  547 partite in serie A, 111 di play off, 18 finali scudetto, 6 di Coppa Italia… E ancora, Champions League,  Mondiali, Olimpiadi.

Forse per  provare  a raccontare l’ arbitro Santi, direttore di gara nel massimo campionato nazionale (serie A, ndr) dal 1994, internazionale dal 2001, potrebbe bastare ricordare che, una decina d’anni fa, nel 2011, la Federazione Internazionale lo inserì fra i quindici migliori fischietti al Mondo.

Per descrivere, invece, Simone da Città di Castello, il gigante buono dei fischietti nazionali, uomo  sensibile, garbato ed educato, basterebbe riguardare i suoi occhi lucidi al termine di quella  sua ultima finale scudetto, arbitrata come sempre magistralmente, un paio di sere fa.

Un addio sobrio ed emozionato che l’ha visto protagonista in campo, forse per la prima volta in ventisette anni di carriera; coerente con quel “segreto” che rende eccellente un direttore di gara:  essere al centro della scena,  senza mai diventarne il protagonista.

La sua mole ha fatto, per quasi da tre decenni,  da cornice a contrappasso a quel piccolo fischietto, che nel frattempo ha trasformato il grande uomo in un arbitro immenso.

Nel mio andar per palazzetti ho avuto il piacere di incrociare molte volte lo sguardo e il sorriso di Simone, goderne la professionalità, la serietà e l’umanità.   Non vederlo più là, su quel seggiolone, mi mancherà molto.

Quel triplice fischio finale a Novara ha chiuso una carriera straordinaria.  L’arbitro Santi è uscito dal campo con una standing ovation, virtuale quanto affettuosa, della sua gente, la gente del volley.

L’uomo Simone resta, con stima e ammiraizone, nei cuori dei tanti che hanno avuto l’onore, come me, di stringergli la mano.

 

Foto: Maurizio Lollini


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