Sport, riflettori e palcoscenici

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C’ é chi preferisce raccontare lo sport mostrando le imprese dei suoi protagonisti, evidenziandone impegno, dedizione, valori; poi c’é chi crede che lo sport  possa, o addirittura debba,  fornire occasioni per la passerella degli atleti, meglio se condita da una buona dose di gossip e di scoop.

Sono due modi,  due stili differenti per far parlare di sport. Credo antitetici, anche se per alcuni sono “complementari”. Salvo eccezioni, gossip e passerella dell’atleta hanno sempre avuto più appeal e audience,  hanno”venduto di più”, hanno generato più curiosità ed attenzioni, ma, molto spesso, il messaggio veicolato, talvolta strumentalizzato,  poco ha avuto a che fare con lo sport e con i suoi valori.

Personalmente ho una visione forse anacronistica e romantica dello sport e degli sportivi: ho sempre preferito ascoltare il campo e gli atleti che, con umiltà, hanno conquistato attenzioni in silenzio, grazie  alla bellezza delle loro gesta sportive.

Salire sul palco, calcare passerelle, voler diventare protagonisti della scena in mondi “paralleli” e lontani rispetto a quello sportivo, é una scelta libera di ogni uomo o donna di sport.

Un scelta che non condivido, ma ovviamene  rispetto, sempre e comunque con l’utopistica speranza che il protagonismo del singolo diventi uno spot trainante per il movimento.

A prescindere dalle luci o dalle ombre che generano i riflettori artificiali sui palcoscenici più svariati, uno sportivo deve trasmettere valori ed essere un esempio nel quotidiano, lontano da un copione da recitare, da una maschera da indossare; protagonista sul palco più difficile ed affascinante: quello della propria vita.

E il nostro sport, fortunatamente, ha molti esempi virtuosi.


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