Cara TItu, perdonaci.
Eravamo troppo intenti a cercare colori sgargianti per dipingere il tuo promettente futuro e non ci siamo resi conto che, una pennella di grigio, stava rovinando una meravigliosa opera d’arte.
Eravamo troppo intenti ad assecondare i ritmi frenetici, ad andare sempre più soli, sempre più veloci spesso senza sapere né verso dove, né ancor meno perché.
Sembrava impossibile, vietato, potersi fermare a pensare, ad ascoltare noi stessi, figuriamoci gli altri.
E in questa corsa affannata molti hanno cercato maschere che li facessero sentire persone vere.
E in questa corsa troppi hanno creduto che gli stereotipi fossero il quadro autentico, l’originale della vita.
In questa grande finzione in cui abbiamo trasformato il vivere, abbiamo preferito credere a chi, nonostante tutto, continua a dipingere i campioni dello sport come perfetti robot d’acciaio, incapaci di provare sentimenti, incapaci di essere tristi, amareggiati, delusi, vivi.
Ci siamo fermati ad osservare i trofei che alzavi al cielo, le medaglie d’oro che indossavi e abbiamo perso di vista quanto c’era di più bello e prezioso: il tuo sorriso.
Abbiamo troppo spesso condannato la capacità di esternare emozioni, di regalare ad altri attenzioni, un sorriso, un gesto gentile.
E oggi siamo qui, in moltissimi, a dedicarti emozioni intense, parole, canzoni, lacrime.
Troppo tardi, cara Titu.