“Alle Olimpiadi dobbiamo andarci con le migliori”.
L’esternazione di Francesca Piccinini, ai microfoni di Sky, in fase di commento tecnico dell’incontro fra Italia e Thailandia, è, ovviamente, condivisibile.
Le parole di colei che è stata per oltre vent’anni icona e madrina indiscussa del volley rosa, suscitano però, in un semplice tifoso come me, una riflessione che diventa un quesito: cosa significa essere le migliori, in uno sport di squadra?
Se da un lato essere i migliori potrebbe sembrare un concetto estremamente concreto, razionale, basato su ponderati numeri e statistiche incontrovertibili, dall’altro dovrebbe considerare alcuni aspetti, più astratti, intangibili e al tempo stesso imprescindibili, soprattutto nella pallavolo.
Essere le migliori in uno sport di squadra sottende umiltà, altruismo, dedizione al gruppo, alla squadra; significa avere la capacità di unire lo spogliatoio, di rispettare tutti, di non credersi indispensabili.
Le migliori non hanno bisogno di ostentarlo, di farselo ripetere. Le migliori, almeno quelle che ho avuto l’onore di conoscere , lavorano molto, in silenzio, con dedizione ed umiltà.
E nel gruppo che si sta giocando la qualificazione olimpica a Lodz di “migliori”, esempi virtuosi per l’intero movimento, ce ne sono. Molte. Per cortesia, non dimentichiamolo.